Karate

                      

Il Karate

   Il Karate è un’arte marziale originaria di Okinawa che trae origine dall’unione di due arti marziali: il Te isolano e il Kempo' cinese e prevede la difesa a mani nude, senza l’ausilio di armi. Per arte marziale si intende una tecnica di combattimento - dal dio Marte-. Antica disciplina atta alla difesa delle persone, ed attualmente, sport per difesa personale. Non per attacco. Nel passato, erano solamente gli uomini a studiarlo e praticarlo, ma con i secoli, anche le donne si sono avvicinate a questa disciplina.

Sebbene sia nato come arte marziale che insegna il combattimento (ma senza perdere di vista  l’impegno costante di ricerca del proprio equilibrio), con il tempo il Karate si è tramutato, per  l’uomo, in un insegnamento a combattere per non dover combattere, a diventare forti modellando il carattere, guadagnando in consapevolezza, acquisendo il gusto della vita, la capacità di sorridere e quella di lavorare con determinazione e nel rispetto degli altri. Solo quando questo insegnamento verrà compreso appieno - sostengono i suoi estimatori - l’uomo saprà di essere libero.

 

Indice

1 Etimologia - 2 Le origini - 3 Filosofia Budō - 4 Stili -

5 Dojo Kun - Principi Morali - 6 Shoto Nijyukun -

20 Concetti Basilari - 7 Gi - L’Abito - 8 Cinture -

9 Kihon - Preparazione Fondamentale - 10 Kata - La Forma -

11 Kumite - Il Combattimento - 12 Karate sportivo -

 -13 Categorie di età - 14 Kata -

1) Etimologia

 kara significa scavo, spazio prodotto da un certo lavoro, spazio vuoto, immagine del vuoto. te è la rappresentazione di una mano vista di mezzo profilo, ma è anche il fonema di attività, mettersi all’opera. La parola giapponese kara-te, nel complesso, si compone di vuoto e mano, non il vuoto in sé, ma in relazione ad un lavoro, ad un’attività, mettersi all’opera per fare il vuoto. Il termine zen ku che indica il vuoto dell’anima, può essere pronunciato anche "kara". Questi concetti suggeriscono che il praticante di Karate dovrebbe allenare la propria mente affinché sia sgombra, vuota da pensieri di orgoglio, vanità, paura, desiderio di sopraffazione; dovrebbe aspirare a svuotare il cuore e la mente da tutto ciò che li ottenebra, non solo nella pratica marziale, ma anche nella vita. Storicamente ad Okinawa, patria di quest'arte marziale, pur essendo in uso l’accezione Karate, più spesso si adoperavano altre parole: te o bushi no te (mano di guerriero). Nagashige Hanagusuku, maestro di Okinawa, usò il carattere giapponese per “mano vuota” nell’agosto del 1905. Ciò richiama anche il fatto che questa forma di autodifesa non fa necessariamente uso di armi.

2) Le origini

Il Karate è una disciplina antichissima e trae la sua origine da un tipo di lotta praticata nelle isole Ryu Kyu. È appunto da una di queste, Okinawa che ci giungono 600 anni di storia documentata su questa arte. Del periodo precedente, non esistono testimonianze scritte e, per tale motivo, sono state elaborate teorie, quasi leggende, che collegano le arti marziali alla religione. La tradizione vuole che i monaci buddisti praticassero un tipo di allenamento fisico che consentisse loro di sopportare lunghi periodi di meditazione ed immobilità, e che avesse anche finalità marziali, visto che spesso erano vittime di ruberie ed aggressioni. Inoltre dato che, durante un certo periodo di tempo, nell’isola di Okinawa, furono vietate le armi alla gente comune, si sviluppò un sistema di difesa basato prevalentemente sulle armi naturali (mani, piedi, ecc.) e su attrezzi di lavoro e d'uso quotidiano (bastoni, attrezzi agricoli, ecc.). Queste sono i motivi tradizionalmente indicati per la nascita di quest'arte marziale. Quindi una disciplina tramandata in segreto, di padre in figlio, e conosciuta da una ristretta cerchia di praticanti. A partire dal XIV secolo le notizie circa la pratica e lo sviluppo del Karate sono storicamente testimoniate. In quel periodo vi fu un fiorire di rapporti commerciali e diplomatici tra Cina e Okinawa con conseguente interscambio culturale tra i due Paesi. Il Te, lotta a mani nude che veniva praticata nelle isole Ryu Kyu, subì profonde modifiche quando venne a contatto con il kempo cinese. Molti inviati dell’imperatore cinese erano militari di alto rango e studiosi di kempo che con le loro dimostrazioni influenzarono i pari grado dell’isola di Okinawa. Ben presto, ad Okinawa, si evolsero due sistemi di combattimento principali: il Naha te legato alla citta' di Naha ed influenzato maggiormente dai sistemi cinesi e lo Shuri te legato alla citta' di Shuri e maggiormente conservatore delle tecniche autoctone. Fin dalla fine della Seconda Guerra mondiale, il Karate è divenuto popolare in Corea Meridionale con i nomi tangsudo o kongsudo.

3) Filosofia Budō

Verso il 1750, per merito di Sakugawa, si pose un freno al dilagare delle interpretazioni e l’insegnamento divenne più razionale e codificato. È da questo momento che la fusione delle tecniche del Tōde con la filosofia del Budō diedero come risultato il Karate tradizionale, il cui scopo è la ricerca di uno stato mentale adatto allo sviluppo delle proprie capacità psicofisiche attraverso un allenamento appropriato. Sokon Matsumura fu il primo maestro a strutturare il Karate in maniera organica, mentre un suo allievo, 

Sokon Matsumura

Anko Itosu, ebbe l’altrettanto grande merito di introdurre il Karate nelle scuole dell'epoca; a seguito delle prestigiose esibizioni del Maestro Gichin Funakoshi a Tokyo nel 1922, il Karate venne conosciuto al di fuori dell’isola di Okinawa.

Gichin Funakoshi

 Questi sono stati i quattro maestri che hanno determinato nel Karate svolte di fondamentale importanza. Funakoshi fu anche fondatore dello stile Shotokan, che basa l’efficacia delle proprie tecniche su agili spostamenti e attacchi penetranti. Egli intese ed insegnò il Karate come sistema di disciplina interiore, capace di condizionare tutti gli aspetti della vita dei praticanti, denominato più precisamente Karate-dō. Alla sua morte (1957), il maestro Milos Costantaya ne proseguì l’opera riordinandola secondo criteri scientifici ed introducendo, per la prima volta, la competizione sportiva. Da allora il Karate si è diffuso in gran parte del mondo, subendo anche cambiamenti discutibili che - secondo alcuni - lo hanno allontanato dallo spirito originale voluto dai suoi fondatori. Il più grande ringraziamento che il praticante possa elevare è diretto ai maestri che ci insegnano a comprendere quest'arte e ci svelano, passo dopo passo il Dō, la via è molto più della tecnica, è un lento e misterioso cammino dell’essere verso la propria perfezione, il proprio compimento. Ogni scuola di Karate tradizionale sintetizza per i propri allievi i principî morali che devono guidare la pratica e che ne costituiscono i fondamenti. Essi sono chiaramente enunciati nel Dojo Kun.

4) Stili

I principali stili del Karate sono:

Shotokan il più diffuso, deriva dal maestro Funakoshi;

Shotokai di Shigeru Egami, simile allo Shotokan ma molto morbido e senza agonismo:

Shigeru Egami

Goju-ryu, che nasce dal Naha-te, il cui primo Maestro fu Kanrio Higahonna che visse per moltissimo tempo nel Fukien in Cina. A raccogliere l'eredità di Higaonna e fondare lo stile Goju-ryu fu il grande maestro “Chojun Myagi” (1888/1953). Shito-ryu, elaborato dal maestro Mabuni;

Wado-ryu, si basa sugli insegnamenti del maestro Otzuka.

Sankukai, o come viene chiamato in italia, Sankudò. Si basa sulla leggerezza e l'accuratezza della tecnica ma anche sulla potenza dei colpi.

Kyokushin, creato dal maestro Oyama che in dopo aver praticato lo stile Shotokan sotto la guida di Gichin Funakoshi, e lo stile Goju-ryu ed essere entrato nei servizi segreti giapponesi, ha creato questo stile basato sul kumite full contact. Incorpora alcuni kata dello Shotokan e altri tradizionali. Lo stile necessita di una notevole preparazione fisica per poter essere praticato a causa anche dei combattimenti a contatto pieno.

         

5) Dojo Kun - Principi Morali

Dō = via, jo = luogo - letteralmente significa luogo dove si studia e si segue la via. 

Hitotsu jinkaku kansei ni tsutomuru koto - cerca di migliorare il carattere

Hitotsu makoto no michi o mamoru koto - cerca di percorrere la via della sincerità Hitotsu

Doryoku no seishin o yashinau koto - cerca di rafforzare la costanza dello spirito

Hitotsu reihi o omonnzuru koto - cerca di imparare il rispetto universale

Hitotsu kekki no yu o imashimuru koto - cerca di acquistare l'autocontrollo.

 

6) Shoto Nijyukun - 20 Concetti Basilari

I venti punti fondamentali dello spirito del Karate insegnati dal maestro Gichin Funakoshi:

Il Karate comincia e finisce con il saluto (rei)

Il Karate non è mezzo di offesa o danno (Karate ni sente nashi)

Il Karate è rettitudine, riconoscenza

Il Karate è capire se stessi per capire poi gli altri

Nel Karate lo spirito viene prima dell’azione 

Il Karate è lealtà e spontaneità

Il Karate insegna che le avversità colpiscono quando c'è rinuncia

Il Karate non si pratica solo nel dojo

Il Karate è regola per tutta la vita

Lo spirito del Karate deve animare tutte le azioni

Il Karate va tenuto vivo con il fuoco dell'anima

Il Karate non è vincere, ma l’idea di non perdere Lo spirito si adegua agli avversari

Concentrazione e rilassamento devono essere usati al momento giusto

Usare mani e piedi come spade

Pensare che tutto il mondo può esserti nemico

Il praticante mantiene sempre la posizione di guardia (kamae); la posizione naturale (shizentai) è solo per i livelli elevati

Il Kata è perfezione della forma: l’applicazione (reale delle tecniche) è un’altra cosa Come l’arco, il praticante deve usare contrazione, espansione, velocità ed analogamente in armonia, rilassamento, concentrazione, lentezza Lo spirito deve sempre tendere al livello più alto

7 Gi - L’Abito

In quasi tutte le arti marziali è uso allenarsi indossando un abito gi (pronuncia: ghi) adeguato; nel Karate quest’abito è il karate-gi, composto da una giacca (uwagi), da un paio di pantaloni (zubon) di cotone bianco e da una cintura (obi) il cui colore designa il grado raggiunto dal praticante, da cintura bianca fino a nera. Successivamente esistono altri gradi, detti dan, di cintura nera (dopo il sesto dan il grado può aumentare solo per meriti speciali e non più con un esame). Ad Okinawa per esercitarsi si indossava una gonna pantalone che consentiva una maggiore libertà di movimento, ben distinta dal tradizionale abito giapponese (hakama), che non fu mai indossato ad Okinawa mentre è ancora oggi usato in molte arti del Budō (Kendo, Kyudo, Aikido). Fu il maestro Gichin Funakoshi ad adottare il vestito che ancora oggi viene usato nel Karate: in occasione della prima dimostrazione al Budokan di Tokio, in cui lui e un suo allievo indossarono un karate-gi fatto da funakoshi stesso la notte prima, sia per lui che per il suo allievo, ispiranosi al modello del judo-gi, solo con una tela molto più leggera e comoda; il colore bianco è quello naturale del cotone non tinto, essendo questo un abito semplice.

8) Cinture

La cintura nel Karate è un riferimento che indica l'anzianità nella pratica della disciplina di chi la indossa. Non può essere indicativa dell'abilità tecnica come erronaeamente viene spesso indicato. Infatti è noto che invecchiando le proprie abilità fisiche decrescono, al contrario i gradi aumentano. Aumenta la propria esperienza, ma questa non è dimostrabile attraverso il puro esercizio fisico, che quindi non può essere misurato con una cintura.

Ci sono 6 cinture principali corrispondenti ad altrettanti livelli (kyu):

6° kyu cintura bianca,

5° kyu gialla,

4° kyu arancione,

3° kyu verde,

2° kyu blu,

1° kyu marrone.

 Esistono, presso alcune scuole, cinture intermedie: bianca-gialla, gialla-arancione, arancione-verde, verde-blu.

Dopo la cintura marrone si passa a cintura nera che rimane tale al raggiungimento di gradi (dan) superiori, dal 1° al 10°, il più elevato.

9) Kihon - Preparazione Fondamentale

Il Kihon è un termine che indica le tecniche di allenamento base, di parata o di attacco, su cui si basa il Karate. In pratica si tratta di esercizi propedeutici all'esecuzione tecnica nel Karate.

10) Kata - La Forma

Nel Kata, che significa “forma”, si racchiudono le tecniche diffuse dalle varie scuole. Il Karate ha una vasta gamma di kata. I kata possono essere visti come delle tecniche marziali prestabilite, per la maggior parte, nelle otto direzioni dello spazio. Il kata viene inoltre considerato come un combattimento simbolico eseguito a vuoto, ma come se si combattesse contro uno o più avversari. Il numero dei kata, ma anche i loro nomi e i kata stessi, cambiano in base alla scuola ("stile") che si pratica. Gli elementi fondamentali per eseguire un buon kata sono: la tecnica, kime (la breve contrazione muscolare isometrica eseguita nell'istante della conclusione della tecnica), la potenza (indicata dalla formula P=FxV dove la velocità risulta essere maggiormente incisiva della forza, l'espressività, il ritmo.

11) Kumite - Il Combattimento

E un combattimento su di un piano rituale, non viene eseguito sul piano reale. In pratica i colpi non vengono affondati alla ricerca del KO dell'avversario, ma vengono arrestati per ovvi motivi di incolumità. Le tecniche tuttavia se pur simboliche devono dimostrare il loro potenziale ed essere eseguite come se fossero reali, arrestandole con controllo per non arrecare danni. Ciò è possibile grazie ad un adeguato allenamento e ad un opportuno regolamento di gara. Quest'ultimo infatti prevede un leggero contatto a livello addominale, nessun contatto con tecniche di braccio al volto e solo un leggero contatto (skin touch) a quelle di calcio portate su questo bersaglio. L'ausilio di protezioni preventive (conchiglia, paradenti, corpetto, paratibia-piede, guantini) e l'adozione di sanzioni adeguate e di opportune norme completano il regolamento nella massima tutela dei praticanti.

12) Karate sportivo

Categorie di età

Master: da 35 anni in su

Seniores: da 21 a 35 anni

Juniores: da 18 a 20 anni

Cadetti: da 16 a 17 anni

Esordienti B: da 14 a 15 anni

Esordienti A: da 12 a 13 anni

13) Kata

I kata sono attualmente una disciplina sportiva, con competizioni individuali ed a squadre di tre nei quali si esercitano combinazioni di parate, colpi e prese. I kata chiamati anche forme, sono combattimenti (kumitè) codificati individuali contro più avversari immaginari. Nella competizione a squadre è valutata anche la sincronia degli atleti.

14) Kumite

Il combattimento è vinto quando si è in vantaggio e scade il tempo (3 minuti effettivi per la categoria seniores maschile, 2 minuti effettivi per le categorie seniores femminile, cadetti e juniores e 1 minuto e 20 secondi continuativi per la categoria esordienti dove però non vengono assegnati punti ma si va direttamente al giudizio arbitrale) oppure si può vincere l’incontro prima dello scadere del tempo se si ha una differenza sull’avversario di almeno 8 punti di scarto (ad esempio 9 a 1). I punti sono divisi in ippon (1 punto, tecnica di braccia singola alta o bassa) nihon (2 punti, calcio basso all’addome o due pugni entrambi a bersaglio) e sanbon (3 punti, tecniche di gamba al volto e proiezioni). In alcuni casi l’incontro può essere vinto per squalifica dell’avversario a causa delle varie sanzioni attribuitegli.

In caso di parità si va all’enchosen: un minuto supplementare dove vince chi mette a segno per primo una tecnica valida. Se persiste ancora la parità si va all’hantei (giudizio) dove gli arbitri decidono il vincitore